Rosanna Spina
1° Classificata Sez.A
Quando nel cuore voi mi avrete uccisa
(pensieri per Reyhaneh* l’impiccata)
Quando nel cuore voi mi avrete uccisa
non griderò questo dissenso amaro
sepolto in fondo all’indicibile vergogna,
un astro giallo come un girasole
reclinerà le spalle dentro il buio
mentre scagliate la punta della freccia
fremente d’impazienza dentro l’arco
all’occhio di dio tra le galassie… Poi,
la bocca spalancata a una bestemmia,
le orbite schizzanti fuochi d’odio
annegherete in pozze di sudore
per la fatica di capire la mia pena
non per la vita breve che ho lasciato,
ma per l’ingiuria a tutte le altre donne
che albergano trafitte nel mio ventre
mentre il dolore vaga dentro i secoli,
ché per la morte non ci sono lettere
capaci d’invocare la pietà.
Verrà qualcuno armato di ideali
a fare luce alla follia dei popoli,
a dissodare incolti pregiudizi
fertilizzando solo con i sogni
le zolle dalle tenere radici,
e forse potrà ancora germogliare
il seme di una nuova umanità
*Reyhaneh Jabbari, giovane ragazza iraniana, uccise per legittima difesa colui che tentò di stuprarla quando aveva 19 anni; per questo è stata “giustiziata”. Se avesse negato il tentativo di stupro (come la famiglia dello stupratore aveva chiesto) sarebbe stata risparmiata, ma Reyhaneh ha scelto di dire la verità, e così è stata impiccata. Aveva solo 26 anni.
Marisa Provenzano
2° Classificata Sez. A
Il tempo delle more
Nelle mani soltanto una clessidra
e le parole che indugiano nel vento
a profumare i raggi di uno scialbo sole
alla fine del giorno e dei teneri sogni
Rispecchiano i miei occhi la mia storia
e regalano antiche nostalgie
a questi versi rubati al brillio delle stelle
Rimangono sospesi i giovani sussurri
di un tempo che non ha più memoria
e nelle mani ora stringo il pane
profumato d’assenze e di dolore
La vita scorre lenta e pur veloce
come fa l’onda che s’abbraccia a riva
con la nera rena e i sassi tondi
tra spume che ricordano i sorrisi
Ed è lontano il tempo delle more
che profumavano quegli acerbi anni
e le notti accese dalla luna
che accompagnava complice le ombre
intrecciate in illusorio amore
tra chimere inseguite a passi lenti
Appartiene al passato ogni istante
e presto ci sarà solo il declino
che con carezza lieve e senza voce
celerà anche le rughe della fronte
Sarà una stella a recitare ancora
i versi smarriti nel tramonto
e quando la clessidra sarà vuota
saprai che il vento mi ha portato via
oltre quel muro ricoperto d’edera
tra cirri vagabondi ed aquiloni
Affastellate solo foglie morte
e il sordo rumore della pioggia
per mescolare il pianto e la memoria
di questo mio tempo destinato all’oblio.
Umberto Druschovic
3° Classificata Sez. A.
Bambola di stracci
Nella mia campagna di bambina
le sere d’autunno sapevano
di terra, di nebbia e di mosto.
Non ho mai voluto togliermi di dosso
l’odore dei giorni andati, l’acre fumo della stufa
e il sigaro dei vecchi consumato lentamente.
Li porto con me ogni giorno
nelle narici, nel sangue.
Giocavo nel cortile
sotto file di panni appesi
su corde tirate fra due lembi
d’orizzonte, rosso di tramonto,
salutavo con mano di bimba
gàrruli stormi di rondoni
in partenza verso cieli d’Africa.
Dov’è ora la mia bambola di stracci,
l’amica più cara, la fedele compagna ?
Parlate piano, forse dorme ancora
nella vecchia stalla, adagiata nella greppia
tra foglie secche e paglia di grano.
Ora che il vento ha sfogliato nuvole
come pagine di cielo sul libro del tempo
vi chiedo, dove siete voi vecchi di allora
di cui ogni sera cerco ancora la mano ?
Vi prego, non dormite anche voi
come la mia bambola perduta,
restate accanto a me
come un panno caldo a lenire questo male
che è l’andare dei giorni
che scorre come l’acqua, non fa rumore
ma consuma e scava dentro.
Rodolfo Vettorello
4° Classificata Sez. A.
Finiscono col tempo le stagioni
Un’ovvietà per dire che si invecchia.
Pareva quasi che ci fosse stato
un tuono estivo a far tremare l’aria,
pareva che si fosse soffermata
la furia di tempesta sulle case.
Poi piovve come
non è mai piovuto
e il cielo si versò dentro i fossati.
Le strade si inondarono di fango
e l’acqua superò le brevi soglie.
Così la furia dell’estate al colmo
e questa l’emozione che accompagna
il venir primo della giovinezza.
Finiscono col tempo le stagioni
quando l’autunno tinge di colori
come di fuoco il verde delle foglie.
Si acquieta il cuore e batte un po’ di meno,
anche il respiro calma il suo lavoro.
Pian piano si diventa più innocenti,
accomodanti forse e un po’ più buoni.
Si accetta quasi tutto dalla vita
e si sopporta e si perdona a volte.
Poi quando diventiamo con il tempo,
come vorremmo,
come si dovrebbe,
viene l’inverno e rinchiudiamo l’uscio
per rimanere soli nella casa
ed ignoriamo tutto ciò che accade,
il prossimo, gli amici ed i parenti
e diventiamo come non vorremmo,
noiosi e insofferenti
o solo vecchi.
Fulvia Marconi
5° Classificata Sez. A
Era vestito d’oro
(Dedicata a tutti gli emigranti – A nonno Bruno)
Era vestito d’oro quel mattino
dove fiotti di nuvole biancastre
vagavano, nel lago della volta,
al richiamo di gazze insonnolite.
Il giorno, ancora infante, apriva strade
alla novella, estrosa, primavera
con i germogli delle macchie in fiore
e il canto zampillante dei ruscelli.
E tu partisti, la valigia in mano,
in cerca di uno scopo nella vita,
in cerca di una casa, un focolare,
partisti per gettar le tue radici.
Ti accompagnai fino al sentiero brado
che divideva in due le nostre vite,
tu, rovo di una terra amara e dura,
io, fiore delle tue pungenti spine.
Ti accompagnai, restando nel silenzio
di una natura indifferente e uguale,
in quella terra che non regalava,
a gente come noi, le sue giunchiglie.
Ti accompagnai tenendoti per mano,
volendo respirare il tuo respiro,
scacciando dalla mente la paura
vista, in un lampo, nei tuoi occhi neri.
Un volo di libellule sciamanti
sembravano dei lampi nell’oscuro,
come strappi di sogni o di deliri,
ma pur ti accompagnai… giù pel sentiero.
Una speranza avevo chiusa in pugno
e sulle spalle il peso del dolore,
la gazza ancor lanciava il suo gracchiare,
mentre l’ortica già invadeva il suolo.
Quella nottata impavida scendeva,
calava lievemente e noncurante,
forse a riempire una valigia vuota,
ormai lontana dalla via di casa.
Come un fiotto di nube son rimasta
ad aspettare chi non fa ritorno:
chi ha attraversato il sole e il biancospino
tanto lontano e, al cuor, tanto vicino.
Donato Saponaro
Premio Speciale della Giuria come Poeta Pugliese Sez. A
Tu, contadino
Tu nella terra
nel tuo petrolio di fango
con le mani sui rami
intrecci di una vita,
legami di foglie verdi
ostili alle intemperie
si nutrono nell’humus
della tua essenza,
fecondazioni naturali
antiche credenze
contatti primordiali,
tu nella tua terra
fra stormi di microcip
verso le nuove stagioni,
lontano dai segnali
dai tunnel della metro
dalle malattie di Molière,
non lasciarci allo steccato
svelaci l’irripetibile alchimia
di un uomo col germoglio
che prega per un seme
quando gli specchi d’acqua
riflettono gli ulivi al vento:
sei tu la nostra terra.
Carla Palma
1° Classificata Sez. B Giovani
Mi sembra
A volte mi sembra di non esistere,
d’essere quella vecchia gomma usata,
che a furia di cancellare, viene cancellata.
Mi sembra d’essere una rondine,
attorcigliata al ramo di un albero
che sogna di volare libera.
Mi sembra che la vita debba ricominciare
e l’incubo svanisca insieme al ricordo dei tramonti.
Mi sembra anche di non saper
più amare e sorridere.
Quando ho aperto gli occhi
ho visto l’odio, le guerre,
il sangue sparso tra le piazze e le strade.
Ho visto donne urlare
per i fucili puntati contro i loro piccoli angeli.
Bimbi che gioivano al pensiero
di vivere, giocare e ridere.
Adesso i miei occhi stanchi si chiudono lentamente,
nella speranza di non vedere più,
mai più,
quest’inferno terreno,
ma solo i sorrisi di quei piccoli angeli
Ilaria Parlanti
2° Classificata Sez. B Giovani
Lo scoglio solitario
Denudata,
siedo solitaria sulla voragine scavata nel buio e nel ghiaccio,
denso, rosso,
fiume di lava secco di sangue rappreso,
gocciolano lacrime nere nella roccia grigia sferzata dal vento,
sono sempre gli stessi dolori che trafiggono il petto,
sono sempre gli stessi pensieri che vorrei cancellare,
i fantasmi dei ricordi che aleggiano nell’aria,
inerme a terra cado come corpo morto,
ho paura di morire,
ho paura di vivere,
dal futuro non mi aspetto niente perchè niente arriverà,
so che ho gettato l’unica mia vita al vento,
forse l’unica possibilità,
ho paura di me stessa,
nel profondo sono vile, questo è certo,
ho bisogno di cambiare per non essere più me,
ho bisogno di superare i limiti umani,
non voglio morire così, ma mi accorgo che già lo sto facendo,
non voglio chiudere gli occhi con le lacrime che scendono,
non voglio rimanere così tutta la vita, se mai una vita ce l’avrò,
ma non ho più speranza,
ho urlato ma nessuno ha sentito,
ritorno sullo scoglio intenta a gettarmi nel vuoto,
suicida non sono anche se ci ho sperato,
riprendo la mia maschera sorridente,
l’appoggio sul viso così inganna i passanti distratti,
il sorriso a fior di labbra,
il sangue negli occhi
e il dolore nel cuore.